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Incastonata ai piedi della catena del Gran Sasso, sopra il rapido scorrere del torrente Mavone e del Ruzzo che confluisce nel primo proprio sotto le sue mura.
Isola si trova in posizione centrale rispetto al comprensorio della Valle Siciliana e prende il nome proprio dai due corsi d'acqua che la lambiscono quasi a formarne un'isola: questa sua eccezionale posizione facilmente fortificabile fa risalire le sue origini al primo medioevo.
Notizie sull'insediamento ci arrivano dal 1063 quando Adalberto di Giovanni dona parte delle sue proprietà nel castello di Isola alla Cattedrale di Teramo, successivamente riemerge con San Berardo che durante il suo episcopato, nel 1120 infeuda Enrico e Matteo dei Conti di Aprutium come signori del castello in cambio di difesa. Con l'arrivo dei Normanni il paese invece passa in mano a Oderisio di Collepietro, originario dell'aquilano che mutò il suo nome in Oderisio da Pagliara forse in onore del feudo ricevuto oppure per un calcolo politico dato che la fama di santità di Berardo da Pagliara non si era ancora sopita.
Narrano le tradizioni che nel 1215 nel castello passa San Francesco che avrebbe poi fondato il convento della Madonna Immacolata dove in seguito fu ospitato San Gabriele, prendendone il nome e diventando un grande centro di fede in Abruzzo.
La famiglia dei Da Pagliara dominerà senza troppi contrasti per tutta l'epoca sveva fino all'arrivo degli angioini nel 1268, qualche anno più tardi, nel 1273, il Re ordinava al Giustiziere d'Abruzzo di riscuotere le tasse anche nella giurisdizione di Isola. Intorno al 1230 nasce Niccolò d'Isola che si renderà famoso all'Aquila, quando raggiunta una certa popolarità come capitano d'arme, viene chiamato dalla popolazione per proteggerla dai soprusi dei nobili e degli angioini; egli morì avvelenato nel 1293. Due anni prima intanto moriva Tommasa, unica figlia di Gualtiero Conte di Pagliara che andata in sposa a Napoleone Orsini unisce la contea a quella di Mannoppello. Rimasta senza eredi i feudi passano quindi a Bertrando d'Artus, marito di Cantelma Cantelmi ed in seguito a Maria di Sully o Suliaco che, sposando Napoleone II Orsini nel 1336, riporta in mano alla famiglia i beni prima perduti. Re Roberto aveva concesso agli isolani il diritto del mercato settimanale nel 1341, qualche anno dopo nel 1344 vengono riconfermati anche dalla Regina Giovanna i privilegi dell'Orsini. Intanto era esplosa un altra ribellione e si legge che il castello era stato occupato da Carlo e Pietro da Bellante e nel 1349 la Regia Corte ne chiedeva la restituzione. Sul finire del Trecento è raccontato un fatto di cronaca che parla del rapimento avvenuto con la forza ad Isola, della figlia del Conte di Celano per mano di un capitano di Siena che sarà in seguito fatto ammazzare dal Conte per mano dei suoi stessi uomini, ben pagati dal nobile. Con l'arrivo di Ladislao d'Angiò Durazzo gli Orsini nel 1405 vengono dichiarati ribelli per aver sostenuto l'avversario Ludovico II durante le guerre di successione al trono e l'anno successivo privati dei loro beni. Sotto la Regina Giovanna II il feudo viene venduto nel 1419 a Francesco Riccardi di Ortona che non troppo tempo dopo scambia col castello di Pescara e quindi Isola e la Valle Siciliana passano al futuro segretario di Alfonso d'Aragona Antonello Petrucci. Intanto venivano redatti gli statuti di Isola che oltre a essere i primi nella provincia di Teramo sono anche il primo scritto in volgare della regione. L'anno successivo la regina premia la comunità con sgravi fiscali. Continuano le concessioni e gli sgravi nel 1423 e nel 1432 ma l'arrivo degli Aragonesi e Re Alfonso faranno reinsediare nel 1454 la famiglia Orsini, con Giacomantonio, al governo di Isola. Interessante è che nel 1479, con il matrimonio tra Pardo Orsini e la figlia del Petrucci: Dianora, come si legge in un documento, quest'ultimo vende vari feudi della valle Siciliana al primo ma, nel 1485, a seguito della congiura dei Baroni, gli Orsini perdono nuovamente i loro possedimenti che vengono venduti. Nelle guerre d'Italia nel 1495 torna Pardo Orsini grazie all'appoggio a Carlo VIII di Francia ma nello stesso anno Isola viene occupata dagli Aquilani; l'anno seguente Ferdinando II d'Aragona, dopo aver cacciato i francesi, spodesta l'Orsini e seda le ribellioni dell'Aquila, a cui poco dopo annette anche Isola. Le simpatie francesi degli Orsini li riportano in auge con la seconda guerra d'Italia e nel 1502 Re Luigi XII reinsedia la famiglia nei suoi antichi domini. Dopo la pace di Madrid nel 1526 che pone fine alla guerra tra Francia e Spagna, Re Carlo V decide di sottrarre definitivamente i territori della valle agli Orsini a causa delle loro simpatie filo francesi, concedendoli dopo averli elevati al rango di marchesato, a un suo generale che si era distinto durante la battaglia di Pavia, Ferdinando Alarçon y Mendoza. Lo spagnolo decise di elevare Tossicia a capitale dei suoi territori scontentando Isola che, da sempre al centro della valle, era tra i più floridi e ricchi paesi della zona: il malcontento divenne tale che per evitare una rivolta il marchese fu costretto a prendere provvedimenti. Insediò nel paese un ufficiale con compito di giustiziere per metà della Valle Siciliana mentre l'altra parte era gestita da Tossicia cercando così di riportare alla tranquillità gli isolani. Pace che rimase fino al XIX secolo con l'arrivo dei francesi e la conseguente abolizione della feudalità, in seguito, nel 1807, Isola entra a far parte del governo di Tossicia e, nel 1811, viene data vita al nuovo comune di Isola che comprenderà alcune università vicine come Casale San Nicola, Cerchiara, Collalto, Forca di Valle e Pagliara e la frazione di Capsano, poco dopo acquistata dalla vicina Acquaviva.
Passata l'epoca napoleonica ritorna la Restaurazione ma ormai le idee di libertà erano state recepite dalla popolazione isolana che nel 1821 fonda una sezione della Carboneria alla quale aderiranno nomi illustri del territorio. Nel 1843 Isola è ritratta dall'illustratore inglese Edward Lear.
Con l'Unità d'Italia riesplode il brigantaggio nella valle, questa volta in chiave filo borbonica: in paese agivano le bande che terrorizzavano la vallata guidate dal Capitano Stamengo e dell'isolano Angelo Florj che oltre a diversi uomini aveva anche una capobanda donna e che viene ucciso a tradimento a Cesa di Francia. Passato il fermento dell'unità nel 1863 il comune viene rinominato in Isola del Gran Sasso per distinguerla da altri comuni omonimi nel nuovo Regno d'Italia.
Vulnerata da vari terremoti nell'ultimo secolo, Isola ha cercato sempre di risollevarsi ed oggi nonostante le lesioni delle ultime scosse del 2009 e del 2016 sta tornando all'antico fascino. Ancora arroccata dietro le sue possenti mura interamente eretta nel bianco calcare del Gran Sasso, centro del paese è la piazza della Contea di Pagliara collocata nel borgo che si addossa alle mura orientali. Un tempo ubicata fuori dal castello è caratterizzata dai suoi loggiati, in parte scomparsi, ospita oggi il palazzo comunale ed altri edifici storici come i resti della chiesa di Sant'Antonio inclusa in un giardino con una terrazza sul torrente Ruzzo. Dalla piazza si può scendere per l'ampio viale che sfocia in un'altra piazzetta dove al cospetto dei bastioni castellani la Cona di San Sebastiano, di notte scenograficamente illuminata, riempie gli occhi di chi si sofferma un attimo a guardarla. Salendo per la rampa al lato della piazza si entra nel cuore del castello, si passa davanti alla severa chiesa di San Giuseppe prima di entrare nella piazza Marconi dove si trovava il Cinema Aurora. Passando sotto un archetto su un angolo della piazza si può arrivare ai piedi della torre dell'orologio che svetta sul paese, dalla parte opposta del passaggio coperto inizia il vero tessuto viario del castello costituito da quatto vie parallele. Qui una fitta e compatta schiera di case addossate le une alle altre corre fino al margine opposto del paese, dove sorge la chiesa di San Massimo, poco distante si apre la porta meridionale che immette nella strada provinciale e nella parte moderna. Continuando si arriva fino alla piazzetta occidentale circondata da palazzetti rinascimentale e dalla bianca mole del palazzo Henrici De Angelis, uno dei più belli del paese. Terminata la visita, immancabile è un giro lungo le mura, bagnate dagli impetuosi torrenti con ricchi scorci suggestivi sul paese e sui monti circostanti. Meritano una visita anche le borgate attigue e le affascinanti località circostanti.
Non ci si dimentichi del vicino Santuario di San Gabriele dell'Addolorata, patrono d'Abruzzo, affollata meta di pellegrinaggi.

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